Meglio il metodo RGB
Non è passato molto tempo da quando chi affermava che era meglio il metodo RGB in stampa rispetto a CMYK veniva considerato eretico.
Noi lo siamo stati per molto tempo, almeno fino a quando la cultura dei profili colore non ha cominciato a farsi strada anche tra gli stampatori (oltre che tra i grafici).
Purtroppo la mancanza di formazione scolastica, quella altrettanto grave dei vendors di flussi di lavoro di perpetrare per anni l'aberrante pratica di "segare" i profili, nonché l'altrettanto aberrante convinzione che i profili non avrebbero creato problemi, ci hanno regalato un retaggio difficile da sradicare secondo cui in stampa CMYK è meglio.
Basta osservare cosa succede ad eliminare i profili con queste immagini test a canali invertiti per rendersi conto di quanto sia stata pericolosa questa pratica soprattutto laddove le differenze tra l'atteso e l'ottenuto non erano così evidenti.
È questo uno dei principali motivi delle tante contestazioni colore degli scorsi anni, figlie di questa pratica barbara.
D'altra parte è meglio stendere un velo pietoso su cosa succedeva se si onoravano i profili in un impianto non correttamente configurato.
Ciò detto proviamo a mettere un po' di ordine nel funzionamento degli strumenti di cui siamo normalmente dotati nello svolgimento della nostra attività e nelle loro interazioni.
Stiamo parlando del nostro monitor, del profilo colore delle immagini che dobbiamo lavorare (quindi sempre più ottenute da dorso digitale col profilo della macchina stessa o con Adobe RGB 1998) e infine la macchina da stampa in quadricromia su carta patinata, offset o digitale che sia.
Il monitor qui rappresentato può essere uno di quelli da ufficio oppure il monitor di un portatile senza particolari pretese.
In questa condizione abbiamo 3 strumenti che, dal punto di vista colorimetrico, sono molto distanti. Chi disponesse di un monitor che vede il Gamut Adobe RGB (1998) avrebbe solo due variabili poiché Monitor e profilo dell'immagine sarebbero coincidenti. Ciò vuol dire che quel sistema è in grado di vedere i colori presenti nell'immagine per quelli che effettivamente sono.
Perché se, al contrario, il monitor è quello rappresentato non vediamo i colori dell'immagine, ma una loro rappresentazione che, colorimetricamente parlando, è 2/3 del reale. Siccome è normale pensare che i colori che vediamo sono reali, cadiamo in una prima grossa e pericolosa approssimazione.
Quando poi andremo in stampa avremo a disposizione poco più della metà di quanto visto a Monitor e circa 1/3 dei colori presenti nell'immagine. Se qualche colore non c'è, non è lo stampatore incapace: quello che c'è da una parte può non esistere dall'altra e questo dobbiamo sempre ricordarlo.
RGB e pixel
Questa immagine descrive i pixel presenti nel "Vortice colore" che rappresenta oramai la nostra mascotte colorimetrica.
La rappresentazione è quella della immagine convertita e salvata col profilo Adobe RGB (1998).
Se ne parla approfonditamente nella pagina Stampa Indigo vs offset dove è riportata anche l'immagine seguente che mette a confronto i pixel presenti con le possibilità di stampa di una macchina in quadricromia su carta patinata e su carta uso mano.
Nella parte sinistra sono rappresentati i pixel presenti nello spazio bidimensionale mentre a destra abbiamo la rappresentazione tridimensionale delle possibilità di essere riprodotti su carta. Il Gamut della carta patinata è quello più ampio, mentre la uso mano è quello più piccolo. Nella visione tridimensionale, la carta patinata=FOGRA51 è delimitata dal reticolo rosso mentre la uso mano=FOGRA52 è rappresentata dal solido.
Le figure geometriche sul fondo rappresentano la proiezione bidimensionale dei due Gamut.
La conversione di un'immagine da RGB in CMYK non fa altro che confinare i pixel che stanno fuori dal Gamut della periferica verso cui abbiamo convertito, come si vede dalla rappresentazione qui sotto della stessa immagine Vortice colore in CMYK col profilo PSO Coated v3=FOGRA51 (a sinistra) e PSO Uncoated v3 (FOGRA52) a destra.
Tutti i colori fuori dalla linea di confine del profilo presenti prima della conversione non esistono più.
Sono irrimediabilmente persi e non torneranno se da CMYK si fa il passaggio inverso in RGB semplicemente perché non esiste più il dato di quel pixel che è stato portato sul bordo, o all'interno, in funzione della posizione che aveva nella immagine originale (sull'estremo o verso l'interno).
Da questa considerazione discende evidente l'altra: se quell'immagine verrà stampata su una periferica con un Gamut maggiore del FOGRA51, o del FOGRA52, non potrà sfruttarla semplicemente perché i colori fuori dal FOGRA51 non sono rappresentati in quella immagine.
Ed è esattamente quello che succede con i nostri sistemi di stampa digitale HP Indigo.
I solidi magenta sono la rappresentazione tridimensionale delle immagini viste sopra in 2D. Tutti i pixel visibili sono colori che la macchina potrebbe stampare (se l'immagine fosse RGB o se fosse stata convertita con i profili delle caratterizzazioni corGae) e che invece non verranno stampati perchè nel file mancano le istruzioni, limitate dalla conversione nel gamut CMYK più piccolo.
Per la patinata, a sinistra, la differenza non è particolarmente significativa (7% in meno su tutto il Gamut): si perdono solo i pixel che stanno fuori dal Gamut e cioè - per questa immagine - una quantità significativa di pixel arancioni e rossi e qualche pixel verde. Ma sulla uso mano la perdita è generalizzata a tutta l'immagine e di notevole ampiezza.
C'è un profilo RGB migliore di un altro?
Certamente! Ma per fare cosa? Stiamo parlando di stampa e quindi il profilo non è il notissimo sRGB, né Adobe RGB 1998 caro soprattutto ai fotografi, tantomeno ProPhoto RGB, ma il quasi sconosciuto eciRGBv2.
Perché? Che cos'ha di speciale questo profilo che non hanno gli altri?
Semplicemente perché contiene tutti i colori di stampa, in particolare il ciano di cui sRGB ne perde una parte consistente, Adobe RGB 1998 molto meno, ma comunque un po'. Se osserviamo l'immagine bidimensionale vediamo, al centro, l'esagono che rappresenta la stampa su carta patinata. Offset o digitale poco importa: non c'è differenza nella forma, poco nella dimensione (6-7% a vantaggio delle nostre digitali Indigo) e rappresenta bene ciò che vogliamo spiegare.
La sagoma rossa rappresenta sRGB. Già da qui si vede che una immagine post-prodotta o salvata in questo profilo non sarà in grado di usare tutto il Ciano che la macchina da stampa potrebbe dare. Nella prima delle 3 immagini tridimensionali la cosa è particolarmente evidente.
La sagoma gialla è Adobe RGB 1998 che sembra contenere completamente il Ciano. Non è proprio vero, come si può vedere dalla seconda immagine tridimensionale.
Infine la sagoma blu è eciRGBv2 che contiene tutto il gamut di una macchina da stampa con carta patinata. Anche l'immagine tridimensionale mostra molto bene la situazione.