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La storia degli scanner cosiddetti CMYK e l'avvento degli ICC

Qualche decennio fa chi faceva fotolito non conosceva l'RGB. C'erano dei super scanner dal costo proibitivo che, si sosteneva, "lavoravano esclusivamente" in CMYK. Quello che usciva da quelle macchine era praticamente insindacabile, non fosse altro che il prezzo dell'attrezzatura incuteva rispetto a prescindere.
La qualità della riproduzione era dovuta a un mix di ottica, meccanica ma, soprattutto, separazione (da RGB a quadricromia, quindi non è vero che lavoravano solo in CMYK). Le grandi case: Crosfield, Hell, Dainippon, ecc. si contendevano la qualità che era principalmente la modalità di separazione. Cioè un "semplice" ICC ante litteram, che oggi otteniamo gratuitamente da mille fonti.

Ma siamo prima del 1993 quando gli ICC non erano ancora stati proposti al pubblico dominio. Era il momento dei cromisti: persone che conoscevano come si otteneva un certo colore in stampa e quindi imponevano, attraverso delle LUT (lookup table), che ad un certo colore in input corrispondesse un certo colore in output. Facendo questa operazione sui principali colori presenti nella immagine si otteneva un risultato simile all'originale: un po' quello che si fa in fotografia quando si lavora in post-produzione utilizzando la color checker.

CromistaPrimoProfiloICC

Mi piace ricordare cosa scrivavamo qualche anno più tardi nella serie Appunti di prestampa, al capitolo 12. Gestione colore a proposito del cromista:

Nella fotolito tradizionale si poteva lavorare anche con un monitor in bianco e nero in quanto il cromista sapeva che un determinato colore in stampa si otteneva con una particolare combinazione di ciano, magenta, giallo e nero.
Con un riferimento in mano (la diapositiva o una prova colore) il cromista modificava i numeri in modo che diventassero quelli adatti per quella periferica.Non ci poteva essere confusione tra le varie periferiche perché allora se si voleva stampare lo si faceva, sostanzialmente, in un modo solo e cioè in offset.
I plotter da grande formato (con tutte le loro combinazioni di carta), i grandi impianti di stampa fotografica RGB, le stampanti digitali ecc. ecc. erano di la da venire
Possiamo allora affermare che il cromista equivaleva a quello che oggi si potrebbe chiamare Generic_CMYK.icc

Poi vennero gli scanner da tavolo, dal prezzo più abordabile che lavoravano dichiaratamente in RGB. Per una serie di sfortunate coincidenze si attribuì alla scansione in RGB il risultato slavato di certe separazioni ottenute nei programmi di impaginazione (principalmente Xpress in quel tempo) quando si montavano immagini RGB senza che ci fosse una corretta gestione colore in fase di creazione del Postscript, perché allora il PDF e gli ICC erano solo l’embrione di idee promettenti.

Lo stesso Photoshop comincia a gestire gli ICC solo nel 1998 con la versione 5 anche se, come ricorda Mauro Boscarol in questa pagina del suo Blog, sarà solo con la versione 6, quindi nel settembre del 2000, che ci sarà una vera gestione colore.

È stata talmente traumatica quella esperienza che ancora oggi molti inorridiscono all'idea di usare immagini RGB in stampa e noi, che lo peroriamo da sempre, siamo stati considerati degli eretici per molto tempo. 

SeparazioneRgbSlavata

Per chi non ha vissuto quel periodo e i drammi di stampe con RGB mal convertiti mostro qui sopra un esempio abbastanza verosimile di ciò che accadeva. Le immagini erano slavate, e strappate (in particolare lo si vede nella maschera rossa), probabilmente perché avveniva una separazione lineare, senza tener conto dell'effetto TVI (ciò è quanto ho dovuto fare per simulare la situazione in quanto oggi, con le normalissime gestioni colore di tutti i software, non è proprio possibile ottenere quei risultati disastrosi).