Non c'e due senza tre: in due articoli precedenti Il grande equivoco delle Palette Pantone e Referenze C o U, l'altro grande equivoco delle mazzette solid Pantone abbiamo messo in evidenza due dei tre grandi equivoci che ruotano attorno alla tecnologia Pantone®. Qui vogliamo mettere in evidenza come il grande merito di essere ambasciatore delle referenze cromatiche abbia come rovescio della medaglia il fatto che molte delle contestazioni colore nascono proprio dall'uso, per quanto improprio, delle referenze Pantone®.
Non è in discussione la tecnologia, ma l'uso improprio che ne fa maggior parte dei grafici che non si occupano di etichette e/o di cartotecnica, ambito nei quali i colori Pantone® hanno il loro ruolo insostituibile (sarebbe più corretto parlare di colori Spot, ma vista la diffusione della tecnologia Pantone® i due termini sono, per quanto impropriamente, cosiderati sinonimi).
Cosa sono e come si usano i colori Pantone®
Un Pantone® per struttura è un colore ottenuto miscelando dei pigmenti che il più delle volte non sono i classici CMYK Process. Questi pigmenti hanno valori L*a*b* molto più ampi di quelli CMYK e quindi sono in grado di generare cromie oltre il Gamut CMYK. Lo si vede bene nella immagine qui sotto che mette a confronto i valori L*a*b* delle referenze Solid Coated (i vari punti luminosi) rispetto al Gamut delle nostre HP Indigo su carta patinata (il solido all'interno). A sinistra la vista 3D sui gialli, a destra la vista 3D sui violetti e, al centro, la vista 2D.
Essendo inchiostri speciali è più facile che vengano riprodotti allo stesso modo tra una tiratura e l'altra e nell'ambito della stessa tiratura semplicemente perché ci sono meno interferenze nella loro riproduzione. Se prendiamo un verde, ottenibile classicamente con Cyan e Yellow (ma magari con anche un po' di Magenta) la sua tenuta in tiratura (o tra una tiratura e l'altra) dipende almeno dalla condizione di due (o tre) inchiostri e non dall'unico inchiostro speciale. E tra le condizioni non c'è solo la densità, ma anche il registro, cosa che non ha influenza invece sul colore speciale. Per di più i colori Pantone® sono generalmente utilizzati al 100% e questo elimina (limita) all'origine gli eventuali difetti derivanti da un dot gain (o schiacciamento) abnorme, aspetto legato principalmente alla macchina da stampa come oggetto meccanico.
Se l'obiettivo, valido per esempio per i Brand, è quello di ottenere un colore fuori della gamma CMYK, che sia stabile nello spazio e nel tempo ecco che è necessario utilizzare un colore Pantone®.
L'uso di colori Pantone® può anche servire per diminuire le separazioni necessarie (lastre, avviamento e inchiostro) di etichette o astucci in quantitativi elevati.
Da ambasciatore dei colori ...
La grande diffusione, a livello planetario delle mazzette Pantone® ha fatto il resto e cioé ha consentito che fosse agevole per due interlocutori agli antipodi di capirsi su una referenza cromatica avendo ambedue la stessa mazzetta e quindi senza avere la necessità di spostare campioni fisici.
Purtroppo a queste mazzette è stato dato un valore improprio che, tecnicamente non potevano avere, semplicemente per i limiti legati alla stampa. Molti e per molto tempo hanno ritenuto che i colori lì riprodotti fossero quelli veri da prendere come riferimento comparativo.
Quando qualcuno si accorgeva che tra una mazzetta e l'altra c'erano differenze notevoli veniva in soccorso la pia bugia che sosteneva che le mazzette avevano una validità limitata perché la luce e lo sfregamento d'uso le deterioravano. Tutto vero, ma si trattava di una mezza verità perché la verità vera era che le mazzette, come tutte le stampe, risentivano delle condizioni nelle quali erano state realizzate. E così come in una stampa offset di un comune stampatore ci sono differenze più o meno ampie durante una tiratura, la cosa avveniva anche durante la stampa delle referenze Pantone®.
Ad un certo punto quella bugia non ha più tenuto e la Pantone ha dovuto dichiarare che i valori da prendere in considerazione erano quelli digitali e non la mazzetta fisica. "The 2010 digital characterization data set is the new the-facto reference, not the printed books. The press conditions for each subsequent press run will be adjusted to match the digital reference data produced in 2010. The books will have a small, but measureable deviation from the center of the production standards - just as any printing process will produce. All digital PANTONE libraries will be based upon this measurement set."
Non tutti sono al corrente di questo cambio di paradigma, altrimenti il contenzioso e le incomprensioni cromatiche sarebbero molto meno feroci.
Nella immagine qui sotto sono messi a confronto i colori Pantone® nello spazio L*a*b* in confronto a 2 tipi di monitor abbastanza comuni. Facendo riferimento alla immagine centrale 2D, I punti luminosi sono le referenze Solid Coated Pantone®, il Gamut più ampio è quello di un monitor che vede Adobe RGB 1988, quello più piccolo è un monitor comune. In 3D Adobe RGB 1988 è il volume delimitato dai fili mentre l'altro è il solido colorato. È evidente che i colori non sono tutti visibili.
É prassi comune per la stragrande maggioranza degli utenti ritenere che quello che si vede a monitor siano i colori veri. Qualche dubbio sorge quando di quei colori si fa una stampa e si vede che sono molto diversi. Ma pochi sanno che quelli veri (che dipendono anche dal supporto su cui si stampano) possono essere ancora molto diversi.
... a motivo delle più frequenti contestazioni
E qui si inserisce la mazzetta Pantone® che se ritenuta (a torto) la referenza assoluta, crea i presupposti per incomprensioni feroci. Chi volesse approfondire la teoria del colore può far riferimento alle slide relative al capitolo Gestione colore degli Appunti di prestampa, scaricabili gratuitamente da qui.
Abbiamo visto che i colori Pantone®, per la loro stessa natura, sono formulati con dei pigmenti che portano il Gamut oltre l'ambito di una normale stampa CMYK e quindi come si può pensare che possano essere riprodotti in un sistema strutturalmente più piccolo? Basterebbe sapere rispondere a questa domanda per capire che tutta quella ampissima operatività che utilizza i colori Pantone® fuori dall'ambito per il quale sono stati creati è malata.
La cura c'è: già la lettura degli articoli citati in apertura consentirebbe un grande balzo nella comprensione.